“Il Ttip è un attacco alle democrazie europee”

ttip ufffa alfaDopo la mobilitazione del  e la raccolta di oltre 3 milioni di fimre contro il trattato, che ha visto l’impegno anche di Spilamberto, Cittadinanza Attiva, attraverso la gestione di un banchetto informativo in piazza, pubblichiamo  la sintesi di un intervento apparso su Repubblica del 19 /10/2015 Buona lettura CS

… Negli ultimi tempi, il Ttip (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) ha acquisito un nuovo simbolo, il glaciale volto di Cecilia Malmström, commissaria al Commercio dell’Ue.

A un giornalista che le chiedeva come riuscisse a continuare a promuovere il Ttip a fronte dell’enorme opposizione (…) senza alcun pudore ha risposto: «Il mandato non mi è stato conferito dal popolo europeo». Paradossalmente, il suo cognome è una variante di “maelstrom”, che in inglese significa vortice… Lo scenario generale dell’impatto sociale del Ttip è chiaro a sufficienza ed equivale a niente di meno di un assalto selvaggio alla democrazia. Lo si evince (…) nel caso delle cosiddette “Risoluzioni delle controversie tra investitori e Stato” (Isds) che autorizzano le aziende a querelare i governi nel caso in cui le loro politiche determinassero una perdita dei loro guadagni.

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Ciò significa che società multinazionali non elette possono imporre le loro politiche a governi democraticamente eletti. Questi tipi di risoluzione sono già in atto in alcuni accordi commerciali bilaterali e possiamo ben vedere come funzionano. La società energetica svedese Vattenfall ha citato per svariati miliardi di dollari il governo tedesco dopo che ha deciso di eliminare gradualmente le centrali nucleari dopo il disastro di Fukushima: una politica di salute pubblica approvata da un governo eletto con un processo democratico è messa a rischio da un colosso energetico a causa di una possibile perdita di introiti.

gamma ttip

che cosa comporterà il Ttip per la produzione culturale europea?

I sostenitori della cosiddetta “eccezione culturale” Stanno forse pensando di lasciare che le grandi aziende si dibattano nel vortice del mercato globale, cercando però — se non altro — di salvare alcuni prodotti culturali secondari e marginali?

E come? È semplice: esonerando i prodotti culturali dalle regole del libero mercato,con aiuti statali, tasse ridotte, e così via, anche se ciò equivale di fatto a una “concorrenza sleale” nei confronti degli altri paesi. La Francia, una per tutte, insiste che questo è l’unico modo per il suo cinema nazionale di sopravvivere all’assalto furioso dei film di Hollywood campioni di incasso.

Un tale sistema può funzionare? (…) intravedo due problemi. Il primo è che, nell’odierno capitalismo globale, la cultura non è più soltanto un’eccezione, una sorta di fragile sovrastruttura che si erge al di sopra dell’infrastruttura economica “reale”: essa è sempre più spesso una componente fondamentale della nostra economia “reale” .  La caratteristica (…) del capitalismo ” postmoderno” è la mercificazione delle nostre stesse esperienze: acquistiamo sempre meno oggetti materiali e sempre più esperienze di vita, di sesso, di cibo, di comunicazione, di consumi culturali, di partecipazione a uno stile di vita, ossia, per usare la sintetica definizione di Mark Slouka, «diventiamo consumatori delle nostre stesse vite». Non acquistiamo più oggetti: in definitiva compriamo (il tempo della) la nostra stessa vita. (…)

Il secondo problema è questo: anche se l’Europa avesse successo nell’imporre al Ttip “eccezioni culturali”, che tipo d’Europa sopravvivrà al dominio del Ttip? Non diventerà poco alla volta ciò che l’Antica Grecia diventò per la Roma imperiale la meta del nostalgico turismo culturale, senza più alcuna importanza effettiva?

Invece di eccezioni culturali, ci occorrono eccezioni economiche. Ma potremo coprirne i costi? Le nostri crescenti spese militari e il nostro sostegno economico a istituzioni scientifiche straordinarie come il Cern dimostrano che possiamo permetterci investimenti rilevanti senza fiaccare in alcun modo la nostra economia.

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