
PREMESSA.
Il problema e contemporaneamente la forza dell’Unione Terre di Castelli sta nella sua composizione e nella sua omogeneità o disomogeneità politica.
Dal 2001 al 2009 i cinque comuni fondatori: Vignola, Castelnuovo, Spilamberto, Castelvetro e Savignano, avevano tutti e cinque i sindaci e le maggioranze comunali di Centro sinistra. Nel 2004, alle elezioni comunali, il Centro sinistra ottenne dal 57,28% di Lamandini a Spilamberto al 61,86% di Maleti a Castelvetro, dal 69,66% di Alperoli a Castelnuovo al 70% di Fornari a Savignano, fino 75% di Adani a Vignola.
Furono gli anni della nascita e delle scelte anche ambiziose. Di fatto, in Emilia Romagna e a Modena, l’Unione Terre di Castelli, nel periodo tra il 2004 e il 2014, fu una delle unioni di esempio e di riferimento.
Con l’ampliamento a Marano, Guiglia e Zocca, nel 2009, complice anche la vittoria della lista civica di Caroli a Savignano, nella giunta dell’Unione erano presenti 6 sindaci di Centro sinistra, più Caroli (Savignano, lista civica) e Amici (Guiglia, Centro destra). Si profilò quindi la ricerca di nuovi equilibri ma con un’ampia maggioranza del Centro sinistra nel Consiglio dell’Unione (19 su 31). Di fatto il clima era mutato ma i problemi erano più esterni (la crisi economica mondiale del 2008-2013, il cambio di governi: Berlusconi dal 2008 al 2011; la crisi italiana del 2011 e il governo Monti dal 2011 al 2013) che interni.
Ma i tempi stavano cambiando e nel 2014 a Vignola vinse al ballottaggio la lista civica di Smeraldi (50,78%, 4.791 voti contro 4.644); a Savignano e Guiglia vennero confermati Caroli (53,60%) e Amici (50,23%). Questo portò il Centro sinistra ad avere in Consiglio appena 17 consiglieri su 31, e 5 sindaci su 8 in Giunta.
Nel 2016 alle elezioni di Zocca vinse Tanari (40,85%) con una lista civica, battendo sia il candidato del PD che quello della Lega. E il Centro sinistra scese a 16 consiglieri su 31 in Unione, mentre nella Giunta si contavano solo 4 sindaci del PD su 8.
Ricordiamo poi la vittoria al ballottaggio di Pelloni (Lega) a Vignola nel 2017 con una lista di Centro destra per 201 voti (51,19%, 4.327 contro 4.126).
La conferma del Centro sinistra a Castelnuovo (53,63%) con Paradisi (PD) e la sorprendente vittoria di Lagazzi (PD) a Guiglia nel 2018 con una lista di Centro sinistra per appena 33 voti (908 contro 875).
Nel 2019 l’insperata vittoria del Centro sinistra a Savignano per 1 voto (2.391 voti contro 2.390) e le conferme per il Centro sinistra a Castelvetro (55,46%), Spilamberto (con solo il 48,42%) e Marano (con solo il 40,18%), spostano di nuovo gli equilibri verso il PD e il Centro sinistra.
La vittoria di Muratori nel 2020 a Vignola per appena 17 voti (6.122 voti contro 6.105) ha ridato al PD e al Centro sinistra una maggioranza in Giunta e in Consiglio che non si vedeva dal quinquennio 2004-2009.

SINTESI.
La carrellata precedente era necessaria per spiegare l’evoluzione del quadro politico, soprattutto nei 5 comuni di pianura. Ricordiamo che nel 2004 la forza del Centro sinistra e dei DS era impressionante. Ma già nel 2009 il Centro sinistra riuscì a vincere nettamente solo a Castelnuovo con Reggiani al 54,87%, a Castelvetro con Montanari al 54,75%, e a Spilamberto con Lamandini al 57,95%.
Perse invece a Savignano con il 46,53% contro il 53,47% di Caroli. E a Vignola Denti vinse solo al ballottaggio con il 52,47% contro il candidato della Lega al 47,53%. Al primo turno il Centro sinistra prese solo il 44,89% dei voti.
Dal 2014, con l’eccezione di Castelvetro, Castelnuovo, Marano e Spilamberto, Centro sinistra e Centro destra spesso si alternano e prevalgono per pochi voti. Dal 2019 anche Marano e Spilamberto diventano punti deboli per il PD scendendo sotto la soglia psicologica del 50%.
Sicuramente il periodo tra il 2014 e il 2020 è stato il più turbolento dal punto di vista politico. Con vittorie dell’una o dell’altra coalizione sul filo di lana.
Oggi 7 sindaci su 8 sono del PD e Tanari (Zocca) è espressione di una lista civica che batté nel 2016 il candidato del PD ma anche quello del Centro destra.
In Consiglio il Centro sinistra ha oggi 21 consiglieri su 31, oltre ai 2 consiglieri della lista civica di Zocca.
La conseguenza è che, nel periodo 2014 – 2020, l’Unione si è bloccata in una continua mediazione al ribasso, dove l’Unione, invece che essere percepita come un luogo di area vasta e di supporto alle politiche comunali, è stata percepita come altro, addirittura come ostacolo alle politiche comunali, in particolare la questione sulla Polizia Locale e il corpo unico dell’Unione, ma anche il tema del bilancio, dei servizi sociali, delle politiche giovanili, delle politiche per l’immigrazione, dei servizi ambientali e di HERA.
PROSPETTIVE.
La domanda che sorge diretta è la seguente: la crisi dell’Unione (di fatto anche la sua scomparsa dai comunicati stampa e dal dibattito politico) nasce allora dalla disomogeneità politica del periodo 2014-2020?
Se sì, perché? E cosa si è sbagliato in questi anni?
Pongo questa domanda perché i 7 sindaci del PD e le loro maggioranze hanno un’opportunità storica da qui fino al 2024, ovvero ripensare l’Unione non come soggetto autonomo ma come risorsa per il territorio. Ovvero comuni con una storia plurisecolare che dialogano assieme sui problemi che vanno oltre i confini comunali in un’ottica geo-politica.
Riterrei un grande errore se i sindaci PD facessero delle scelte sulla base della rinnovata autosufficienza in Giunta e in Consiglio. Se si vuole ridare un obiettivo o una mission all’Unione per il prossimo decennio occorre ripensarla con tutti. In modo che l’inevitabile alternanza nelle elezioni comunali dei prossimi anni non finisca di nuovo per bloccare l’attività dell’Unione.
La logica dell’autosufficienza garantisce il presente ma non il futuro. Vale a Sinistra come a Destra.
Tra il 2001 e il 2009 si era creato una cornice precisa per tanti servizi e tematiche, ad esempio: sportelli socio-scolastici; assistenti sociali; strutture per disabili e anziani; ASP; servizi scolastici; nidi; casa; giovani; famiglia; immigrazione; turismo, Poesiafestival ed eventi culturali; Polizia Locale: politiche ambientali; HERA; gestione dell’acqua potabile; protezione civile; pianificazione urbanistica; opere pubbliche.
Di queste, alcune non sono mai state condivise o accettate del tutto da tutti i comuni e da tutte le forze politiche, in alcuni casi anche per dei risultati non pienamente soddisfacenti. Penso in particolare al corpo unico di Polizia Locale; alla gestione dei rifiuti e al rapporto con HERA; al bilancio; alle politiche per la casa; alla pianificazione urbanistica e al settore dei Lavori Pubblici. Ma anche ad alcuni temi divisivi come le politiche per l’immigrazione; il turismo e il coordinamento degli eventi.
Di fatto abbiamo un territorio che non riesce ad andare oltre alla gestione unitaria dei servizi socio-sanitari e scolastici, dove da ormai vent’anni abbiamo coesione e un’offerta di area vasta. E nella gestione dell’acqua potabile. Mentre non riusciamo a fare sintesi sulle altre tematiche. Però continuiamo a tenere in piedi delle strutture che oltre a gestire i mille problemi quotidiani della realtà, devono altresì districarsi tra veti, fughe in avanti, marce indietro, conflitti ideologici.
PROPOSTA.
Credo che sarebbe necessario organizzare, nei prossimi mesi, una serie di incontri e di convegni pubblici nei quali fare la sintesi di questi vent’anni, provando poi a disegnare i prossimi dieci, in una logica bipartisan, che valorizzi il territorio e risponda ai bisogni dei suoi cittadini, presenti e futuri. Un dibattito che affronti il tema delle strutture pubbliche dell’Unione e dei Comuni al servizio di queste politiche.
Abbiamo esponenti del Centro destra o di liste civiche che hanno governato per anni comuni come Vignola, Savignano, Guiglia e Zocca, e che possono portare un contributo importante accanto agli amministratori del PD e del Centro sinistra.
Credo che sia veramente giunto il momento per coinvolgere tutte le forze politiche e le liste civiche nel dibattito.
L’alternativa è che il PD “stringa i bulloni” alla macchina dell’Unione per farla camminare. Tentativo che potrà sicuramente essere raggiunto ma per un periodo limitato, giusto il tempo di andare alle prossime elezioni e vedere cambiato il colore della coalizione vincente in qualche comune, magari per uno o per 17 voti!!!
Questo percorso sarebbe il modo migliore per condividere anche quali deleghe lasciare in Unione e quali riportare nei comuni. Se decise assieme diventerà più facile fare politiche di area per l’Unione Terre di Castelli.
Infine, questo dibattito deve coinvolgere anche la Regione e lo Stato, perché non è possibile che oggi un sindaco, oltre a cercare di governare il proprio comune, debba sedere nella Giunta dell’Unione con deleghe spesso molto impegnative e che hanno ricadute significative non solo per i propri cittadini ma anche per tutti quelli degli altri Comuni dell’Unione.
Alcuni, poi, devono pure essere presenti nel Consiglio provinciale con le relative deleghe. Non dimenticando, infine, tutti i tavoli tematici regionali o provinciali su temi di area vasta: sanità, sociale, scuola, ambiente, sicurezza, protezione civile, etc.
La Regione ci deve dire come vuole aiutare gli amministratori locali a gestire questa realtà sempre più complessa ed intrecciata a fronte di responsabilità importanti ma con indennità e garanzie non proporzionali, vale per i sindaci e come pure per gli assessori.
Ultimo ma non meno importante è il numero di consiglieri comunali oggi eletti, un numero che è stato tagliato del 20% rispetto al 2009 e che non ha dato nessun risultato positivo. Ha solo impoverito il lavoro dei Consigli e ridotto la rappresentanza dei cittadini. Ma il tema si pone anche per il Consiglio dell’Unione, che con 8 sindaci e 23 consiglieri di 8 comuni non riesce a coinvolgere tutte le forze politiche e le liste civiche.
Francesco Lamandini